Trafitto da un raggio di Sole

Mentre racimolavo le macerie con le mani e con i denti, sono tornato, senza volerlo, in quell’intercapedine in cui le preoccupazioni, il dolore e il tempo non possono accedere. Le mie condizioni erano perfette, come allora… per trapassare.

Conoscevo già quelle sensazioni e quei non-luoghi. Il primo pensiero è stato quello di rifugiarmi lì, di mettermi al riparo, e di non tornare più, ma mentre viaggiavo alla velocità del pensiero sono stato trafitto e al tempo stesso avvolto da un raggio di sole caloroso e delicato. E’ stata la familiarità di quella delicata carezza che mi ha riportato qui. E’ stata l’essenza che c’era dentro quella carezza che mi ha strappato da lì. Erano calore e disperazione insieme. Ho riempito i polmoni del suo profumo, e gustato con ogni poro il suo inconfondibile sapore.

Quel raggio luminoso aveva le sfumature e i colori che mi hanno fatto conoscere la passione. All’improvviso, la mia anima lacerata non ha avvertito più il peso di quelle emozioni che mi turbavano. E sulle ferite riaperte quel raggio di sole aveva già depositato il suo amorevole unguento lenitivo.

Stamani mi sono svegliato con questa sensazione spalmata sulla pelle dell’anima.

Esco dalla camera da letto senza passato e senza futuro, cammino sospeso su una nuvoletta fino alla cucina e preparo il caffè. Stranamente, accendo la tv – cosa che non faccio mai – e la voce acuta e improbabile di una signorina che legge le solite cattive notizie (dovrebbero fare un TG di sole buone notizie) fatica ad essere ricevuta dai miei timpani. Non si possono svegliare così i telespettatori! Non posso tornare dentro in questo tempo con questi modi bruschi, e spengo la signorina!

Ancora in catalessi mi accorgo che mi sto muovendo senza pensare di farlo. Siedo al tavolo e sorseggio il caffè. Osservo la tovaglia e i tre bicchieri sul tavolo, e mentre mi chiedo il motivo per cui ci sono tre bicchieri e non uno, torno con i pensieri a ieri sera, a mia figlia e il suo fidanzatino, venuti qui da me a cena. Penso alle discussioni circa l’iscrizione al primo anno di università in giurisprudenza, al nuovo tipo di studio, alle difficoltà di apprendere un linguaggio giuridico a cui necessariamente andrà incontro, alle incalzanti domande a cui ho risposto con filosofia, e sorrido. Quel suo modo fresco e ingenuo di porsi domande, a cui solo l’esperienza può rispondere, mi piaceva. Era un modo gentile pieno di curiosa timidezza. Mi piaceva il suo entusiasmo iniziatico agli studi universitari.

E mentre divertito esaurisco quel ricordo, mi accorgo che non posso più aspettare, questo amore è tutto quel che ho. Ho bisogno ancora di quel raggio di sole, e senza chiedere, torno ancora lì…

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